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giovedì 20 giugno 2019

L'attesa

La finestra affaccia sullo stesso viale alberato e sulle colline che nascondono le ville della Torino benestante.
Però qui si vede anche la piazzola dell'el'elicottero, che di la' sentivo ma non vedevo.
Anche il sottofondo rumoroso del traffico intenso è lo stesso, così come il caldo, quell'afa umida e quella luce troppo forte, che se non ci sei abituato ti toglie il fiato e la voglia.

Lei sonnecchia, perché non c'è molto altro da fare, quando sei ferma in un letto d'ospedale, con le medicine ad incrementare la stanchezza e l'apatia.

Vado a cercarmi un Magnum, non bianco come allora, perché lo hanno finito, ma classico.
Anche il bar è diverso. Questo è nell'atrio del piano terra, otto piani sotto.
L'altro lo raggiungevo infilandomi di nascosto in ascensore e scendendo per cinque piano, passando dai sotterranei, ed era quello dell'ospedale vicino, collegato al mio.
Perché mica avrei potuto, in teoria, uscire al reparto. Eppure insistevano che dovevo mangiare tanto e mi riempivano di riso bollito scondito, patate lesse scondite, yogurt bianco se andava di lusso, pezzi di parmigiano asciutto, come secondo, e banane.
Ad un certo punto sono arrivato a portarmi cinque banane al giorno. Manco fossi una scimmietta.
Io sognavo Magnum bianchi e caffe' e, una volta al giorno, camminavo fino al bar, in pigiamo e con l'attacco della flebo nel braccio, che tanto era ovvio da dove venissimi, con quel pancione.

Due giorni in ospedale, a pochi metri di distanza da quello in cui ero io, sempre a giugno, sempre in questi stessi giorni, sempre con il caldo. E' inevitabile smuovere ricordi, un trauma che forse non ho ancora superato, visto che quando ne parlo o ne scrivo, ancora mi salgono le lacrime agli occhi.

I monitoraggi, la flussometria, l'eco di accrescimento, il cortisone e la paura che qualcosa non andasse, la paura di un'oscura malformazione o di sofferenza fetale.
Perché lui non cresceva mai e lei troppo lentamente. Solo le piastrine correvano veloci, nella direzione sbagliata.
E l'attesa. Appiccicosa, rumorosa, rude, senza nessuna intimità, da paziente, non da persona.
Negli ospedali è così, anche quando funzionano, ti trattano bene e sono puliti e competenti.
Sei comunque un caso, carne e sangue, non "Giulia".

Come allora io le visite tue e dell'Alpmarito, tu aspetti me.
Mi mancava il mio bambino, andarlo a prendere a scuola, portarlo ad allenamento, la cena, le chiacchiere, la lettura della buonanotte, i suoi vestiti sporchi da lavare, il pavimento del bagno allagato alla sua doccia, i suoi capricci, i suoi sorrisi, i suoi piedi sempre sul divano, i salti sul letto.
Non avevo timore del parto, anche se dal dolore dovevo ancora passare.
Per fortuna il tuo intervento invece è già finito, tutto bene.
Non è nulla di grave, solo che tutto dipende da come lo vivi.
Lo so che anche tu hai nostalgia di casa, del nostro cielo, della nostra aria, delle tue cose, della tua intimità.
Lo so, che ti mancano i tuoi figli grandi e i tuoi nipoti piccoli e tua madre. Il poterti muovere in autonomia.

E ripenso all'anestesia, ai quella manciata di minuti in sala parto, a dopo, in camera, quando riuscivo solo a dormire e chiedere di lui.
Lei mi ha avuto subito vicina ma, in fondo, io c'ero solo in parte.
Divisa tra l'ansia per lui, solo ai piani sopra, e per il mio bimbo grande, a casa con i nonni, entrambi lontani da me.
Ricordo i miei tentativi di tirare il latte, per lui. I quarti d'ora diventati un'ora per fargli bere 10/20 gr di latte. L'attesa di sapere se aveva ancora il sondino, se aveva preso qualche grammo oppure no, se piangeva oppure no, il rumore del saturimetro costante.

E poi le chiacchiere, le compagne di stanze che arrivavano e partivano, le infermiere, le visite serali dei parenti festanti per i nuovi nati, quando io mi rifugiavo in sala d'attesa, per stare sola a leggere, le gestanti che camminavano per i corridoi, notte e giorno, con le contrazioniola speranza.

Mi manca di nuovo il fiato. Non vedo l'ora di uscire,  nell'afoso ed impietoso caos della città.
Fuori lo stesso caldo umido, lo stesso cielo.
Le stesse date, sul calendario in corridoio. Ma a due anni di distanza.
Dentro, una diversa attesa.
O forse, a ben guardare, la stessa: una madre che aspetta i suoi figli.

A casa, un'altra madre, nella stessa attesa.

Forse è anche questa, l'essenza della maternità.










mercoledì 18 aprile 2018

Gemelli? il valzer dei commenti

Sono mamma di due gemelli da poco più di nove mesi eppure già dalla gravidanza sono stata destinataria di commenti e domande di ogni tipo.
Non che non capiti alle altre donne incinte e neomamme ma, facendo il raffronto con la mia precedente maternità singola, mi sono accorta che, più figli si hanno (anche in successione, non per forza gemelli), più si è bersaglio della curiosità altrui.

Non parlo di parole gentili o domande ingenue, che con il senno di poi appaiano prive di senso anche a chi le pronuncia ma sono un modo gentile per attaccare bottone o dimostrare interessamento.
Anche io scherzavo con chi aveva un maschio ed una femmina, dicendo cose tipo: “Che bello, ora hai la coppietta!”, per poi pentirmi della mia affermazione priva di senso.
Oppure l’immancabile: “E’ bravo? Dorme di notte?” , per il quale non esiste risposta intelligente o ragionevole. 
Non mi risulta, infatti, che nascano neonati di indole “cattiva” che, per far dispetto ai genitori, mangiano troppo o troppo poco o li svegliano di notte e, soprattutto, con i bambini non c’e’ una routine del sommo duratura.
Questo tipo di commenti, comunque, mi pare innocuo.
Altri, invece, mi hanno infastidito, soprattutto perché ricevuti più volte.
Eccone una rassegna.

Durante la gravidanza:
-“Aspetti dei gemelli? Ah povera te! Anche una mia amica li ha avuti ed è distrutta, poverina, e’ una faticaccia!”
Della serie, grazie tante per l’incoraggiamento!
-“Aspetti dei gemelli? Meno male che non è successo a me, non sarei sopravvissuta/ sarei disperata!”
Eh quindi? Mors tua vita mea?!?
-“Gemelli? Dovrai fare il cesareo e ovviamente nasceranno prematuri e spesso hanno dei problemi perché troppo piccoli e….”
Riversare le tue ansie su qualcun altro, no, vero?!?
Comunque tranquilla, parto vaginale e bambini sani, seppur piccoli.
-“Gemelli? Oh povera, allora non potrai allattare!”
Magari neanche ci tengo e non mi pare una tragedia e comunque, chi la detto, scusa?
-“I gemelli proprio non mi piacciano.” 
Così, detto in modo perentorio e con faccia un po’ schifata.
Tranquilla, non sono mica tuoi/non sei tu ad aspettarli!
Commento ricevuto identico, da altra persona, anche dopo la nascita dei bambini, guardandoli.
-“Gemelli? Ma sei pronta? Perché sarà terribile, faticosissimo, non potrai più lavorare, uscire da sola, andare in bagno e costeranno tantissimo e…” altre 
previsioni catastrofiche del tipo.
Eh, in effetti è dura e la vita cambia, rispetto ad un solo figlio. 
Però non c’e’ bisogno di terrorizzarmi prima del tempo ne’ ci si può preparare alla vita da mamma di gemelli quindi…lasciami vivere serenamente inconsapevole! Perché vuoi farmi stare in ansia già prima?!?
-“Gemelli? Non è possibile, la pancia e’ troppo piccola. Sei sicura?” 
Hai ragione, meglio che cambi ginecologo. Mi faccio seguire da te?
-E il suo contrario (si sa, le dimensioni sono relative): “Gemelli? Ah ecco, con quella panciona per forza!”
In pratica mi stai dando della balena!? Grazie, eh!

Dopo la nascita.
-Guardando il passeggino doppio: “Ma sono fratelli?” 
Alla mia risposta affermativa, le varianti: “Ah, ma allora sono gemelli! Però non è possibile, mica sono uguali!” ; oppure l’ancor più arguto: “Ma sono entrambi suoi?”
Roba che non sai se spararle o sparire.
-“Che bello, dei gemelli!”, poi, un secondo dopo averli guardati bene, con il viso deluso: “Ah, sono diversi. Allora non sono gemelli, solo fratelli nati insieme!
Se lo dice lei…!
-“Gemelli? Ma avete fatto qualche cura?”
O la variante più scaltra, che però sotto intende lo stesso interrogativo: -“Gemelli? Ma avevate già gemelli in famiglia?”
Chiesto da perfetto sconosciuti o semplici conoscenti (perché se si trattasse di amici o parenti prossimi, non ci vedrei nulla di male).
Farsi i fatti propri? Ti aspetti davvero una risposta?
Un po' come se io ti chiedessi in che posizione hai concepito tuo figlio, quanto ci hai impiegato, con che frequenza avevi rapporti ecc., dopo averti incontrato per caso per strada o averti salutato qualche volta in giro.
Non è una questione un tantino personale?
Che poi ho capito, da queste simpatiche conversazioni, che chi lo chiede vuole solo una conferma che:
1.La gemellarita’ non è una malattia infettiva e dunque non toccherà anche a lui/ lei o ai propri figli (ovviamente partendo dal presupposto che sia un male);
2.avere due gemelli non è naturale. Perché la norma è un figlio solo per volta e le “povere sfigate” (secondo gli interlocutori, ovvio) che hanno gemelli se la sono cercata.
Beh, tranquilli, non è una malattia, non è infettiva e può essere sia una circostanza del tutto “spontanea”, anche se in famiglia non ci sono prossimi precedenti di gemelli (una prima volta dovrà ben esserci), sia frutto di stimolazioni ormonali.
Detto questo, non si capisce il motivo per cui dovrebbe importare a qualcuno o fare la differenza!!!
-“Per fortuna almeno una è femmina e non ti farà dannare/ rimarrà con te/ ti aiuterà”
E via con gli stereotipi, i pregiudizi e le preferenze di genere!
-“Gemelli? Va be’, dai, almeno in una volta sola ti sei tolta il pensiero!”
Scusa, il pensiero di cosa?!? Se ti riferisci al parto, ancora possa capire, altrimenti proprio no. 
E poi, detto così, suona come una specie di “contentino” di fronte ad una disgrazia. Ecco no, lasciamo perdere.
-“Gemelli? Allora non hai partorito naturalmente!”
Invece sì, ma anche se non fosse stato così, che cosa cambierebbe?
Ho per caso vinto qualcosa?!?
“Gemelli? Allora non hai allattato.”
Se lo dici tu…
Gemelli? Sarà dura ma almeno si faranno compagnia!”
Togliete “almeno” per favore, allora sì che accoglierò il commento con un sorriso!
-“Gemelli? Era il mio incubo, quando ho scoperto di essere incinta!” Oppure: - - “Gemelli? Ecco perché non voglio correre rischi con una seconda gravidanza!”
Sempre della serie: gemelli=disgrazia; mors tua vita mea.

E poi il terribile:
“Il lato positivo di avere dei gemelli è che almeno poi ti passa del tutto la voglia di avere altri figli”.
Commento mortificante, misogino e cattivello, oltre che falso.
Ho forse chiesto a te di mantenere i miei figli? Sto compiendo un crimine, mettendo al mondo dei bambini?
E soprattutto, cosa ti importa quanti figli ho o desidero?

La chicca, frutto di ignoranza pura: “Gemelli? Sono nati prematuri? Perché sai, i gemelli prematuri hanno tutti dei problemi mentali o di sviluppo!”

Alla mia rassicurazione circa lo stato di salute ottimo dei bambini e la spiegazione che la prematurita’ non comporta affatto automaticamente problemi: “Ah, adesso ti sembra così, ma non è detto, chissà quando cresceranno!”
Me ne sono andata prima di insultarla.

Infine, un commento che, ripetuto in più occasioni da una stessa persona, un giorno mi ha fatto proprio sbottare: “ Poverina, tre figli e due gemelli! E hai anche un lavoro! Sai che mi fai proprio pena, povera figliola, meno male che mia figlia non ha avuto gemelli e neanche io! È quasi una disgrazia. E adesso è nulla, vedrai come sarà difficile quando cresceranno!”
La terza volta che si è espressa in questo modo, le ho risposto che la sua esperienza, evidentemente negativa, non era affatto la regola.
Ora mi lascia in pace!

Che dite, bastano? Diciamo che con questo post mi sono un po’ sfogata di tutti i commenti discutibili che ho dovuto ascoltare!
So bene che, dal punto di vista di chi incontra una donna incinta o una neomamma, non è facile pensare a qualche parola o domanda intelligente.
Pero’ credo che a volte sarebbe meglio limitarsi ad apprezzamenti o congratulazioni, se ci si sente di farli, oppure ad un semplice ma efficace sorriso.



venerdì 27 ottobre 2017

Avvocato. E mamma

Il 27 ottobre di otto anni fa, diventavo avvocato, passando l'esame di Stato orale dopo lo scritto dell'autunno precedente, al primo tentativo.

Ricordo quel giorno come se fosse ieri, come ricordo i giorni in cui ho partorito.
Perché, ad oggi, non riesco a paragonare quella esperienza a null'altro che al parto.

Si inizia scrutando uno stick, un referto o un tabellone, per sapere l'esito.
Dopo cinque minuti in un caso, un anno nell'altro, ma sono dettagli.
Ammessa o non ammessa, incinta o non incinta.

Poi mesi di attesa, ansia e preparazione. Mesi in cui fai anche altro, sei anche altro, ma la testa è sempre lì, a proiettare scenari, dar vita a sogni e paure, tra speranza e terrore.
Il corso di preparazione a.., i protocolli diverso da città a città.
I racconti di chi ci è già passata, i racconti di chi: "Conoscevo una che..", "Hai sentito cosa è successo a..", " Attenta perché.." e via di terrorismosicologico.

Quel senso di fatica e stanchezza e impazienza, perché quella data sembra non arrivare mai e, contemporaneamente, la paura che arrivi troppo in fretta, che ti colga impreparata, che qualcosa vada storto.
Lo stesso senso di ineluttabilità.
Perché ormai hai la bicicletta, ormai ci sei, ti tocca pedalare, affrontare la prova.
Il fallimento non è contemplato.

 Ricordo quell'estate: il praticantato, le interminabili ore di studio, qualche volte in compagnia, di solito da sola. Il caldo afoso, il cielo azzurro ed il sole, fuori, quasi a farsi beffe di me, sui libri.
La voglia di scalare, camminare, andare in bici, l'esigenza di studiare.
La casa e la spesa, nei ritagli di tempo, perché nulla contava più della mia scaletta di studio.
Le notti, a rigirarmi e sudare, in preda agli incubi.
E quel giorno di luglio, in cui per una interminabile ora, il gelo si è impadronito di me e ho temuto di avere perso mio marito.
Dopo, rientrata l'emergenza, ricordo il pianto liberatorio ma anche la rabbia, perché avevo perso tempo prezioso per la sua incoscienza, perché mi ero sentita persa, un episodio che ancora mi rode.

E quel giorno.
La scelta del vestito, preparato giorni prima come fosse la valigia dell'ospedale, partire presto il mattino, non da sola che sei troppo agitata e non sei in condizione di guidare.
Entrare in un palazzo con cui non hai familiarità, guardare altri visi ansiosi e i parenti fuori, in attesa, scrutare le porte.
La bocca secca, il dolore.
Perché non esiste solo quello fisico, che certe volte, in fondo, è meglio.
Ti ci puoi abbandonare, tornare puro istinto, come un animale.
Davanti ad una commissione d'esame, invece, no.

Tecniche di respirazione, sudori freddi e poi...via, ci sei, non puoi fermarti, sei lì e loro tutti a guardare te.

Quel senso di estraniamento, l'indifferenza verso tutto e tutti fuori e poi il sollievo, l'euforia e l'estrema spossatezza.
Soddisfazione e felicità, quelli verranno dopo, il tempo di elaborare l'accaduto, capire che è andato tutto bene.
Subito, basta che sia finita.

Un sogno che si è avverato.
Una fine e un inizio insieme.

Avvocato e poi mamma, ma mamma e avvocato. Per questo il blog si chiama così.
Non a caso, la DPP del mio primo figlio era 27 ottobre. Non a caso, il 27 ottobre avrei dovuto discutere la mia tesi di laurea specialistica, poi anticipata di un giorno dalla segreteria.

Non lo so se per altre donne sia lo stesso, cosa abbiano provato altre persone, al parto come agli esami di Stato. Per me, però, è stato così.
Buon anniversario a me.


lunedì 25 settembre 2017

Il mio parto gemellare

Attenzione: post lungo e ad alto contenuto emotivo, ma a finale lieto!

Oggi, a tre mesi da quel 23 giugno che ha cambiato la nostra famiglia, mentre la piccola dorme dopo la prima poppata del mattino ed il piccolo inizia dare segni di risveglio, mentre la caffettiera grande (il primo caffè è sempre doppio!) è sul fuoco, vi voglio raccontare il mio parto, partendo dal ricovero.

La gravidanza sembrava andare a gonfie vele, a parte la stanchezza che a maggio ormai si faceva sentire, decisamente più che per quanto accaduto con il ricciolino, nonostante gli integratori di ferro e l’aumento di peso contenuto.
In effetti, negli ultimi giorni di maggio, avevo intuito che qualche cosa non andava, ma ne’ la mia ginecologa ne’ i medici dell’ospedale di Aosta, sembravano preoccupati e d’altra parte, l’ambulatorio per le gravidanza gemellari di Torino, contattato telefonicamente, continuava a rispondermi che le gemellari bicoriali e biamniotiche, come la mia, non le seguivano, non essendo di per sè a rischio ed avendo loro già molti pazienti,  ameno che non vi fossero problemi particolari.
Poi, pochi giorni dopo, mentre ero in ufficio, iniziano contrazioni persistenti. Sono solo alla 31 settimana per cui, dopo qualche ora, chiamo l’ostetrica del vicino poliambulatorio, che mi invita ad andare subito al pronto soccorso.
Vado a Torino, dove passo il pomeriggio e parte della sera: mi dicono che il collo dell’utero è accorciato ma in modo tutto sommato normale, che non sono contrazioni serie, che i flussi dei cordoni ombelicali sono a posto ma non l’accrescimento del maschietto: non è cresciuto per nulla dall’ultima eco (fatta ad Aosta meno di un mese prima, in cui mi avevano segnalato che uno dei gemelli era più piccolo dell’altro ma non c’era da preoccuparsi perché accadeva spesso).
Il dottore aggiunge che può essere sintomo di una grave malformazione (quale? Nessuna risposta, o meglio: “se avesse fatto l’amniocentesi lo sapremmo!”) oppure di un problema al cordone ombelicale o ancora, assolutamente nulla.
“Bisogna attendere almeno 15 giorni per una nuova misurazione e poi si vedrà”.
Nel frattempo devo stare a riposo (ma non a letto) e prendere il Buscopan.
Un doccia gelata. 
Fortunatamente i giorni passano, nonostante le contrazioni continuino.
Torno a Torino a 33 settimane per l’eco di accrescimento: ancora nessuna crescita del maschietto e anche la femminuccia è cresciuta sotto il minimo percentile.
Mi invitano a prenotare una visita all’ambulatorio delle gravidanze gemellari e, quando faccio presente che ho telefonato ripetutamente senza esito, mi suggeriscono involontariamente una scorciatoia, ovvero di iniziare ad andare all’ambulatorio "day service", per il “bilancio di salute pre parto”, ad accesso libero.
Era il giorno della recita di fine anno alla materna del ricciolino, il giorno successivo al mio compleanno e mi accompagnava mia madre.
Siamo tornati in fretta da Torino per assistere alla fine dello spettacolo, anche se mi veniva da piangere dalla preoccupazione, oltre che dalla commozione per il mio ometto.

Tre giorni dopo sono all'ambulatorio "day service" e parlo con una ginecologa premurosa che coglie al volo la situazione, telefona direttamente ad una collega della gemellare e mi prenota d’urgenza per il pomeriggio stesso.
Per farla breve, finalmente mi considerano abbastanza a rischio e vengo inserita nel circuito ospedaliero: nonostante l'arresto di crescita i bambini non sono in sofferenza e mi rimandano a casa con appuntamento a due giorni dopo.
Sono a 34 settimane, mi ricoverano e fanno la terapia cortisonica per i polmoni.
Sono giorni di ansia e attesa, di caldo insopportabile, travagli in camera e nostalgia del ricciolino e di casa, di monitoraggi continui, assenza di privacy e insonnia, dieta monotona e insipida e peso invariato. 
Mia madre è sempre al mio fianco.
Poi, il 22 giugno, nuova eco: crescita invariata per il maschietto e anche la femminuccia è cresciuta ben al di sotto della media.
A questo punto, mi dicono che a breve mi indurranno il parto.
Già sapevo, dal ricovero, che sarebbe stato vaginale (i bambini sono entrambi cefalici) - e a me va benissimo, perchè non vedo motivo di rischiare un taglio - e senza possibilità di spinale o epidurale, neppure in caso di taglio d'urgenza.
Essendoci già passata, nonostante le storie terribili di travaglio ed induzione a cui ho assistito e che ho mio malgrado sentito durante il ricovero, sono relativamente tranquilla.

Finalmente, venerdì 23 nel primo pomeriggio partono con l’induzione, avvisandomi che in genere ci vogliono dalle 12 alle 24 ore per partorire.
Sono a 35 settimane.
Avviso l’Alpmarito perché rientri dal lavoro all’estero senza però mettergli fretta, viste le previsioni.
Trascorrono sei ore ma solo nelle ultime due inizio ad avvertire contrazioni, molto ravvicinate ma che non mi impediscono di passeggiare, parlare e stare sotto la doccia. Rompo le acque.
Visita: nessuna dilatazione
Torno in camera e dopo pochissimo le contrazioni diventano ravvicinate e forti, sento che devo partorire subito.
Avviso l’ostetrica che inizialmente non mi crede, in fondo mi ha visitato dieci minuti prima e non c’era alcuna dilatazione. Frattanto, appena in tempo, arriva l’Alpmarito.
Io insisto che secondo me è il momento della fase espulsiva ed infatti: dilatazione completa in 15 minuti!
Corsa in barella fino alla sala parto e mentre arrivano anche il primario e il neonatologo e l’ostetrica indossa il camice, in nove minuti nascono entrambi i gemelli.

Tuttavia, a causa di una forte emoraggia, ho appena il tempo di vedere i bambini in braccio al papà e sentire il conto delle perdite ematiche ad alta voce (angosciante!!!), che l’anestesista mi addormenta.
Mi risveglio che è già mattina, ancora in sala parto. 

E' andato tutto bene ma la paura è stata tantissima, per me in primis, ma anche per l'Alpmarito e mia madre, che attendevano fuori senza veder più uscire i medici.
I viaggi a Torino, le mille telefonate per riuscire a prenotare una visita, la fatica del ricovero e la paura in sala parto, acquistano senso. 
Se non fosse stata lì, chissà ora come staremmo, noi tre.

Il pomeriggio mi portano in camera la piccola, dopo una notte in culla termica e i controlli del caso, con tanto di biberon, perché non devo muovermi e in quel momento non mi passa neppure per la testa di provare ad allattare.
Il mio piccolo posso vederlo solo il giorno ancora successivo, quando finalmente posso alzarmi dal letto e salire in terapia intensiva neonatale.
E vedendolo in incubatrice, piango.






mercoledì 21 giugno 2017

Sognando voi...quel che vorrei

Fatico ad immaginarvi, a darvi un volto.
D’altro canto, neppure con il ricciolino c’ero riuscita.
Non riesco neppure a pensarvi come lui.
So, però, quello che vorrei. Sogno.



Vorrei che foste di “sana e robusta costituzione”, come il ricciolino.
Vorrei potervi portare presto in montagna, anche se non troppo in alto, per sfuggire a questo caldo torrido. 
Vostro fratello è stato più fortunato, se si può chiamare fortuna nascere in periodo di giornate corte e grigie, freddo e pioggia.Difendersi dal freddo, comunque, è più facile.
Vorrei riuscire a portare il ricciolino al lago spesso, questa estate. Con voi. Approfittando della pausa lavorativa che inevitabilmente dovrò prendermi (e sarebbe pure ora!)
Vorrei che aveste una cameretta vostra fin dai primi mesi e vorrei che finalmente anche il ricciolino potesse godere di uno spazio tutto suo. 
Non che prima gli sia mai pesato, sia chiaro, ma ora inizia ad avere questa esigenza e noi con lui.
Vorrei portarvi presto a passeggiare in montagna, sullo zaino porte enfante. E’ già immagino la fatica di preparare gli zaini e partire in cinque, ma non importa. Spero che la passione sia più forte della fatica, anche questa volta.
Vorrei presentarvi alle maestre della materna del ricciolino, che tifano per voi fin dalla notizia della gravidanza.
Vorrei insegnarvi a suonare il pianoforte. Insegnarlo a tutti e tre oppure, se non vi andasse, vorrei suonare per voi e vedervi appassionare alla musica in modo attivo. Non mi importa a che età e con quale strumento, voce compresa.
Vorrei portare a sciare tutti e tre e approfittarne per sciare anche io con l’Alpmarito.
E vorrei che fosse sci di fondo ma anche discesa, un giorno. 
Vorrei fare con voi e l’Alpmarito il corso di acquaticita’ a tre mesi o poco più, magari mentre il ricciolino gioca nella corsia a fianco. 
Non so se ne avrò le forze, il tempo, la capacità organizzativa. Anche in questo caso, spero che la passione vinca sulla stanchezza inevitabile e sulle difficoltà pratiche.
Vorrei portarvi tutti e tre al Salone internazionale del libro di Torino ed in biblioteca regolarmente. 
Circondarvi di libri non sarà difficile, ne abbiamo già una caterva (ma non bastano mai).
Vorrei vedervi giocare insieme, magari qualche volta senza litigare!
Vorrei vedere il ricciolino tenervi tra le braccia e coccolarvi.
Vorrei portarvi ad arrampicare presto, in palestra e fuori, come abbiamo fatto con il ricciolino.
E far crescere insieme le stesse passioni.
Vorrei fare una vacanza itinerante in bicicletta. Tutti e cinque, quando sarete in grado.
Vorrei portarvi al mare, tutti e tre. Il ricciolino lo chiede già a gran voce, sappiatelo.
Vorrei riuscire a godermi ogni singolo giorno con voi, più di quanto abbia fatto con il ricciolino.
Perché ora so, non per sentito dire ma per averlo provato, quanto veloce passi il tempo e quanto prezioso sia ogni singolo istante da mamma, irripetibile.
Vorrei riuscire a dedicare, ad ognuno di voi tre, momenti da soli, a fare insieme ciò che più vi piace o piacerà. Senza trascurare nessuno.
Vorrei riuscire a fare insieme a voi, almeno qualche volta, qualcosa che vi coinvolga tutti e piaccia a tutti. Per essere famiglia, in tutti i sensi.
Vorrei saper passare sopra a caos, fatica e capricci più facilmente di quanto sappia fare ora, per voi, per il ricciolino, per me stessa. Perché temo che sarà indispensabile per sopravvivere, questa volta.
Vorrei essere una madre migliore, una persona migliore. Perché anche se già con il ricciolino ho messo tutto il mio impegno, so bene di avere ancora ampi margini di miglioramento.
Vorrei vedervi presto, subito.
Ma, nello stesso tempo, spero con tutto il cuore che non abbiate bisogno di TIN o tubicini, in qualunque momento decidiate di nascere o i medici decidano per voi.
Vorrei stringervi a me, ora. E vorrei farlo con accanto l’Alpmarito e sulle gambe il ricciolino.

Vorrei, voglio, proverò, posso.
Questa sera, però, prevalgono ansia e malinconia.


lunedì 19 giugno 2017

Per voi

È per voi questo lungo, noioso e faticoso ricovero.
È per voi il caldo, la scarsa igiene e le stanze affollate (perché l'invadenza e il chiasso meridionale anche in ospedale li riconosci e io sono piemontese riservata e attaccata alla privacy mia ed altrui fin nel midollo).
Sono per voi tutti questi esami e monitoraggi.
Sono per voi le calze anti trombo (e guardate che sono un vero sacrificio, con questo caldo!)
Sono per voi i fiocchi nascita che il fratellone ha preparato con grande cura ed ingegno e che aspetta di completare alla nascita, per scaramanzia.
Sono per voi i chilometri macinati dall'Alpmarito, mamma e nonna, per venirmi a trovare.
Sono per voi i tanti messaggi e le chiamate ricevuti, le visite a sorpresa e l'interesse intorno a me.
Sono per voi la maggior parte dei miei pensieri, tutti quelli che non sono per il ricciolino.
È per voi l'attesa, la preoccupazione, l'ansia e la trepidazione.
È per voi la pazienza.
È per voi il mio cuore che accelera i battiti ad ogni visita.
Sono per voi i sentimenti ambivalenti di questi giorni.
Sono qui, in attesa, per voi, 

siamo tutti qui, solo per voi.





venerdì 19 maggio 2017

Il mio yoga in gravidanza, grazie ad un libro.

Vi ho già raccontato della mia pratica dello yoga in gravidanza grazie all'ausilio di video lezioni.

Per quando non ho a disposizione il wi-fi o non ho voglia di sentire voci guida o guardare uno schermo, pero', ci sono sempre i libri.
Io mi trovo bene con questo:

"Yoga per la gravidanza e la nascita" di Francoise Barbira Freedman,

ed. Fabbri, 2005, Euro 18,50, pag. 160



Le spiegazioni sono esaurienti, le immagini ben fatte, anche se certamente, rispetto ad un video, bisogna leggere e poi provare ad interiorizzare, prima di pratica in modo fluido.

Il manuale è diviso in 6 sezioni:
"Fondamenti dello yoga", "Gravidanza iniziale", per il periodo dalle 0 alle 16 settimane, "Gravidanza inoltrata", dalle 16 alle 34 settimane,
 "Verso il parto", dalle 34 settimane al termine, e
 "Dopo la nascita", dal parto alle 16 settimane di vita del bambino, per recuperare gradualmente linea e forma muscolare, ma anche per affrontare in benessere e serenità spirituale il grande cambiamento apportato dalla maternità.

Per ciascuna, ci sono singole asana e intere sequenze, mudra, suggerimenti per il rilassamento, asana specifici per vari problemi comuni in gravidanza (dal dolore al nervo sciatico alle emorroidi, al mal di schiena ecc.), esercizi di visualizzazione e respirazione.


Insomma, un testo completo, ben illustrato e strutturato, che non si ferma ad asana super semplici e basiche, come molti altri libri che ho sfogliato e che soprattutto, non tratta la gestante come una malata, pur dando ampio rilievo alla visualizzazione, alla respirazione ed al rilassamento.
Per questo, se siete in cerca di un libro cartaceo di ausilio per avvicinarvi allo yoga in gravidanza o, praticando già, cercare una guida per questo particolare periodo della vita, vi consiglio questo manuale.

Se un solo libro non vi basta, sappiate che anche Beat, "Mamma e ora che faccio?", ne ha consigliato uno (qui il suo post).

Con questo suggerimento, partecipo all'appuntamento del venerdì del libro di Home Made Mamma.

giovedì 18 maggio 2017

Piccole grandi gioie

Piccole, grandi gioie della vita. 
Rigorosamente NON in ordine di importanza:

1) il messaggio via web di un'amica ormai expat da anni, incinta come me ma di una settimana in meno, che chiede come va e ti aggiorna e si aggiorna sulle reciproce ecografie del terzo trimestre;

2) la telefonata di una cugina che abita dall'altra parte del Nord Italia, ma è come se fosse qui, che arriva puntuale per sapere come è andata la suddetta eco; e poi io richiamo per sapere come è andata la prima comunione della sua bimba;

3) le e-mail di altre due amiche, che si informano su come sto e sull'andamento della gravidanza. Ed è subito scambio di foto e chiacchere virtuali;

4) un pacco che giunge a sopresa, con una lettera di accompagnamento che mi commuove e tanti pensierini fatti con il cuore (e le mani), da un'amica "virtuale". E mi scopro a pensare che sono questi gesti spontanei e generosi a rendere una persona speciale ed a illuminare la tua vita;

5) vestitini e body che tornano a riempiere la cassettiera, culle che oltrepassano di nuovo la porta di casa, offerte di prestiti di ovetto, abbigliamento ecc. che piovano da ogni dove, generosamente;

6) una udienza che mi aveva tolto il sonno che va bene;

7) un pranzo fuori con un'amica d'infanzia, a metà settimana. Un'ora e trenta che vola chiaccherando e che, dopo, mi fa sorridere e canticchiare per tutto il pomeriggio;

8) una merenda in tardo pomeriggio con gelato in giardino, al sole, con il ricciolino che gioca con amichetto e sorella e noi mamme che parliamo e ci rilassiamo. E l'ora di cena arriva in un lampo;

9) i sandali di nuovo ai piedi. E non importa se questi ultimi non sono perfetti e non ho messo lo smalto. Basta poterli portare;

10) i movimenti dei miei due fagiolini, frequenti e forti, che mi ricordano che loro ci sono. E mi rassicurano (e va bene così, anche se spesso mi svegliano);

11) il ricciolino biondo, con la sua divisa, quella della squadra di bici. Felice.



lunedì 8 maggio 2017

Il flusso dei ricordi



Domenica.
Colazione insieme, poi doccia e crema, mentre Lui corre ad aiutare una cugina con lavori edili.
Perché Lui ha quella  la generosità d'animo che fa anteporre ai propri bisogno, alle proprie urgenze, le richieste altrui. Anche se questo vuol dire ritardare i lavori della nostra, di casa, quando di tempo già non ce n'è. Lui è una di quelle persone che credono che prima o poi tutto il bene che fai torni indietro, dagli stessi o da altri, non importa. E anche se qualche volta sbuffo e protesto per il tempo e le attenzioni sottratte a noi, alla sua famiglia, e perché vedo il suo grado di stanchezza, la verità è  che amo questo aspetto di Lui.

 Io, leggings neri, calze bianche e la stessa camicia ampia a scacchi di lana di quando avevo 13 anni ed andavano di moda, 
Io, seduta su uno scalino, affronto scatoloni.

Taglio, apro. E tornano i ricordi.
Le prime settimane durissime, di straniamento, sonno, incredulità, paura. La fatica di adattarsi ai ritmo, il peso della responsabilità, quel sentirsi prigionieri dei bisogni di una creatura tanto piccola quanto tirannica nelle sue necessità. 
La casa invasa da parenti e amici, il sollievo di parlare con adulti e contemporaneamente la stanchezza di non poterli mettere alla porta per dormire almeno un po'. 
Il silenzio dei giorni di inverno sola, tra pioggia, freddo, cielo plumbeo, un paese che ancora non avevo mai vissuto veramente e mi appariva estraneo, il pensiero del lavoro accantonato, l'attesa della sera e del suo rientro.

E poi le tutine profumate di bucato, stese in fila ad asciugare come soldatini di pace, i colori pastello, le creme morbide e profumate, l'odore della sua pelle, l'emozione del primo bagnetto, i pugnetti chiusi e il facciano rilassato immerso nel sonno. 
Il sospiro soddisfatto dopo la poppata, i sorrisi, le faccette buffe ed i gorgheggi, la lallazione e i primi tentativi di di mettersi a carponi, la testolina ciondolante, gli occhioni aperti sul mondo, la manina dalle unghie sempre lunghe che stringe forte la mia, così ruvida e sgraziata al confronto.
L'amore, che ti assale come un'onda e ti fa quasi piangere di commozione, al solo guardarlo.

Mentre cerco e recupero biberon, ciucci, bodies primi mesi, riduttori e fasciatoio,
mentre il ricciolino di là dorme ancora, con gli stessi pugnetti chiusi e lo stesso faccino sognante, solo con una cascata di riccioli biondi sul cuscino in più,
mentre fuori piove, ancora, in questa primavera che somiglia all'autunno,
io mi immergo nei ricordi e mi domando come sarà, se sarò in grado, se ce la faremo.

Perché loro, Lei e Lui, saranno un Lei e Lui diversi, persone differenti dal fratello, da conoscere, amare e crescere. 
Perché Lui e Lei saranno Lui e Lei, due, in contemporanea. 
Perché ci sarà il ricciolino, ancora così piccolo ma nello stesso tempo già così grande.
Perché non ci sarà Lui grande da aspettare tutte le sere, in soccorso tutte le notti. 
In compenso, ci sarà un trasloco, un paese nuovo, un altro ciclo scolastico da iniziare, il lavoro da sperare e ritmi da riscrivere.

E io sono qui, che apro e chiudo scatole, con indosso gli stessi vestiti della tredicenne che ero ma con capelli bianchi che fanno capolino e nuove rughe sulla pelle e nella testa.
Ho paura, eppure non vedo l'ora.



martedì 2 maggio 2017

Yoga e meditazione in gravidanza: la mia esperienza !

In passato ho già avuto modo di parlare sul blog di libri dedicati allo yoga e del mio innamoramento per questa disciplina (non saprei come definirla, visto che non si tratta di uno sport), iniziato alle elementari e intensificatosi lo scorso anno, grazie ad un corso dal vivo e insegnanti virtuali speciali.

Lo yoga mi ha aiutato a trovare un po' di serenità nell'attesa di una seconda gravidanza che si ostinava a non arrivare ed ora, posso ben affermare che sia la mia salvezza.

Infatti la pancia cresce a ritmo sostenuto e io ho molti piu' disturbi che quando aspettavo il ricciolino, un po' perchè ho cinque anni in piu', sicuramente perchè questa volta porto in grembo due vite anzichè una, non da ultimo per la presenza del ricciolino stesso, che richiede attenzioni, nonchè per il maggiore stress economico, lavorativo e familiare.

Il tempo e le occasioni per passeggiate e nuoto sono ridottissimi e richiedono una certa dose di organizzazione e preparazione, invece la pratica dello yoga è sempre a mia disposizione ed è rapidamente diventato una compagna quotidiana di vita.
Basta un po' di spazio, un tappetino e...relativa tranquillità (a volte ho il ricciolino che mi gira in tondo giocando, a volte i cartoni di sottofondo, pero' riesco comunque ad estraniarmi).

Vi dedico da pochi minuti (ripetendo diverse volte una versione del Saluto al Sole specifica per la gravidanza) a mezz'ora, di solito al mattino (diciamo una media di 15 minuti), spesso mezz'ora in pausa pranzo, a volte dai 15 minuti all'ora anche la sera.

Ci sono giorni in cui pratico per tre volte al giorno, altri in cui riesco solo pochi minuti al mattino o alla sera, sempre almeno uno a settimana in cui non riesco a praticare per nulla, in media pero' riesco a dedicare allo yoga sui trenta minuti al giorno, a volte aggiungendovi dieci minuti di meditazione guidata.
Non sono rari i casi in cui ho approfittato dell'insonnia, per fare yoga!

Non tantissimo a livello di quantità, mi rendo conto, ma la costanza sta dando i suoi risultati: per il momento sto mantenendo un minimo di flessibilità e contrastando mal di schiena e gambe gonfie.

Soprattutto, pero', il tempo dedicato allo yoga è tempo per me e i miei fagiolini.
Mi concentro sul mio corpo, sul respiro e sulla vita che cresce dentro di me, libero la mente e reagisco meglio allo stress.

Non che non urli o sbotti piu' o riesca a farmi scivolare addosso probemi e preoccupazioni senza sforzo (MAGARI!!!!) ma... sono certa che senza starei molto peggio, me ne accorgo quando proprio non riesco a mettermi sul tappetino!

In tutto questo, al momento ho due alleati principali: Laura, con le sue lezioni sul sito Yoga N'Ride, e un libro di yoga per la gravidanza, acquistato dopo averlo preso in prestito per provare dalla biblioteca, di cui vi parlero' nel prossimo post.



Di Yoga N'Ride ho già parlato, la differenza ora è che è da qualche mese che ho sottoscritto l'abbonamento mensile (14,99 Euro al mese, 1 Euro il primo mese di prova, con carta prepagata, nel mio caso) e dunque ho accesso libero, a qualunque ora del giorno e con qualunque dispositivo, a tantissime lezioni e "mini corsi", tra cui uno specifico per la gravidanza.


In realtà, quest'ultimo pur non dispiacendomi, inizio ad apprezzarlo davvero solo ora, poichè lo stile dell'insegnante (che non è Laura, in questo caso, anche se il corso è nel suo "pacchetto"), era un po' troppo tranquillo e ripetivo per il mio modo di essere.
Immancabile, almeno una volta la settimana, è invece una sessione di pratica dedicata al pavimento pelvico (seguendo il link vedrete la mia preferita)...sperando che mi aiuti al momento del parto !

Mi piace moltissimo la possibilità che mi da il sito di cambiare sempre lezioni, ripetendo quelle che preferisco e scegliendo in base alle esigenze del momento ed al tempo a mia disposizione, che siano 15 minuti o un'ora.
Io infatti, pur non annoiandomi mai quando si tratta di vasche in piscina o di correre, ho bisogno di cambiare spesso se si tratta di esercizi o asana, altrimenti mi passa la voglia.
E poi Laura risponde puntualmente ai miei commenti ed alle mie richieste specifiche (inviate via mail), suggerendomi le varianti o lezioni piu' appropriate al mio stato.

Non mi sento sola, insomma!
Poi c'è il blog in cui, in modo approfondito ma chiaro, Laura spiega tutti i segreti e gli aspetti dello yoga come in parte, seppur con stile diverso, Claudia Porta (qui, peraltro, trovate anche una sequenza specifica e gratuita di quest'ultima per la gravidanza)

In questo modo, mi sono avvicinata alla meditazione guidata, seppur per ora per 10/15 minuti, ed allo yoga nidra, provando tra l'altro non solo i video di Laura ma anche quelli di Claudia Porta su quest'ultimo ed il rilassamento guidato.
Purtroppo, pero', mi addormento nove volte su dieci quando tento di praticare yoga nidra (se non sapete cos'è, trovate qui e qui una spiegazione esauriente e la possibilità di provare gratuitamente, rispettivamente conla guida di Laura o Claudia) e senza arrivare neppure a metà della sessione guidata!!!
Il che è un vantaggio se decido di dedicarmi allo yoga nidra di notte, dopo essermi svegliata in preda alle ansie.
Con la meditazione e le visualizzazioni me la cavo meglio, nonostante all'inizio fossei decisamente scettica.
Mi sento ancora un po' ridicola, invece, quando affianco alla pratica i mudra, specifici gesti delle mani con varie funzioni, della cui utilità ancora dubito (sono come San Tommaso, io).
Adoro provare le diverse tecniche di respirazione, o pranayama, quando la rinite allergica ed il raffreddore me lo consentono, che trovo immediatamente rasserenanti o energizzanti, a seconda del tipo.
Inoltre, dopo le prime volte, in cui faticavo fisicamente a tirare fuori la voce per l'imbarazzo e lo scetticismo, sto prendendo gusto persino ad usare i suoni, come l'OM, poichè ho imparato a sentire le vibrazioni che risvegliano dentro di me e, soprattutto, la loro efficacia sulla mente.

P.s. Questo post non è sponsorizzato (ma se Laura volesse farmi uno sconto o aggiungere alla sua offerta sul sito una lezione breve per contrastare raffreddore o rinite allergica, di certo non mi offenderei, ;-).

Semplicemente tengo molto a condividere la mia esperienza, nella speranza che possa essere d'aiuto e di esempio ad altre donne in gravidanza in cerca di uno sfogo sano e salutare, nonchè dare merito, nel mio piccolo spazio, a chi mi sta aiutando ed accompagnando in gravidanza con il suo lavoro, cartaceo o on line, fatto bene e con passione!